“Oh quale fremito mi percorre le vene, quando il mio dito tocca inavvertitamente il suo (…)e la vertigine mi prende i sensi…” 

(J.W. Goethe, I dolori del giovane Werther)

 

Così il Werther, che si dispone suo malgrado a vivere l’intensità dello sfioramento (quello con Carlotta) scegliendo di ritirarsi nella dimensione dell’Otium litterarum a Wahlheim.

Suo malgrado, perché lo sfioramento, cioè quel qualcosa di speciale che accade quando due cose si toccano pur rimanendo separate, presuppone la mancanza di un’aspettativa. 

È inavvertitamente che lo sfioramento accade rilasciando tutta la forza della sua azione. Inavvertitamente perché imprevisto e inavvertitamente perché sotto tono, mai plateale, quasi appena percepibile, discreto, eppure proprio per questo gravido di una catena di sensazioni e di senso –la vertigine-, la cui intensità è inversamente proporzionale al suo “rumore”.

 

Perché ci sia sfioramento, all’apparenza non deve accadere nulla o ben poco. Come in questa mostra: due artisti si sfiorano per dialogare avendo sfiorato per costruire i loro lavori che sfiorano l’occhio dei loro spettatori. Una dinamica circolare che Bataille definirebbe erotica, assegnando al termine il potere trasgressivo di una dialettica del desiderio, di ciò che sa trattenersi per rilasciarsi appieno, di ciò che sa percorrere l’intermittenza, nutrita del silenzio per dar voce al corpo.

È il medesimo principio dell’aporia alla base dell’atto di creazione secondo Aristotele e ripreso da Deleuze con il concetto di “atto di resistenza”. C’è una forma di resistenza nello sfioramento che riconduce l’azione all’ambivalenza tra espressione della potenza dell’atto e suo non esercizio. La vita dell’ambivalenza è la forza dell’azione, e nel caso dell’arte è la forza dell’opera.

È in quest’ottica che mi è capitato di vedere il lavoro di Massimo e di Olivia: intimamente discreto, per restituire la fragranza della scoperta dettata da un fare sostenuto dalla reiterazione dell’inavvertitamente. Dunque, una sola opera per autore, ad acuire lo sguardo, e intorno nulla, ad evocare la lentezza dell’otium quale condizione necessaria come il silenzio per la voce.

 

Ermanno Cristini

 

 

Massimo De Caria

Nato a Napoli, vive e lavora a Milano. Tra le principali esposizioni: Sculture,rumori e partiture musica, Assab One, Milano; Ensemble, Studio Tufano,Milano; Why not,Spazio Azimut Palazzo Bocconi,Milano; Il Giudizio e la mente, Fondazione MUDIMA,Milano; Periscopio, PalazzoBorgatta,RoccaGrimalda (AL); Fratello solo tu mi puoi capire, Nowhere Gallery,Milano; Duemilaesette, Nowhere Gallery,Milano; Start@Hangar-Art, Hangar Bicocca,Milano

 

Olivia Vighi

Nata a Milano, dove vive e lavora. Tra le principali esposizioni, Accesso Obliquo, Walkabout #02-A Place to Be, LATO, Prato;Finché c’è morte c’è speranza, Trevi Flash Art Museum of Contemporary Art,Trevi;Transatlantico, Via Farini, Milano; SBC European Art Competition, London; Premio Internazionale d’Arte Contemporanea Wella, Palazzo Te, Mantova; International Exibition of Art colleges Hiroshima, Hiroshima.